L’interesse da parte delle imprese a poter gestire e condividere informazioni di qualità è aumentato soprattutto sulla spinta degli stessi consumatori, che chiedono contenuti sempre più accurati con spiegazioni chiare sui prodotti/servizi messi in vendita, e sul modo di essere sostenibili.Il ruolo delle informazioni e dei claim presenti sulle etichette è pertanto centrale.Secondo un’indagine della GS1 Italy, Il 56% le consulta e il 27% modifica gli orientamenti d’acquisto in base alle informazioni scoperte.L’informazione riveste pertanto un valore centrale. Sintetizzandone gli aspetti fondamentali, è: • Lo strumento principale per rendere il consumatore consapevole del valore ecologico del prodotto e del commitment ambientale dell’impresa produttrice e della rilevanza ambientale del suo atto d’acquisto. • Rappresenta la necessità di disporre di indicazioni chiare ed univoche per contrastare il proliferare di forme di comunicazione non sempre credibili e controllate.• All’informazione deve accompagnarsi un’adeguata garanzia della veridicità e attendibilità dei contenuti trasmessi. L’etichetta è il luogo di sintesi  delle premesse suddette. Data l’importanza che riveste, secondo un’indagine Nielsen è diventata un vero e proprio media per le aziende. Uno strumento da utilizzare per costruire una relazione di fiducia con il consumatore, veicolando informazioni di qualità e sopratutto veritiere, trasparenti, basate su criteri scientifici dimostrabili.Nel percorso di realizzazione di un’informazione di prodotto costruttiva e condivisa, le etichette rappresentano uno snodo particolarmente importante, un elemento essenziale del processo decisionale: in base ad essa si modificano le proprie scelte. Ma soprattutto, sono il luogo in cui apporre i claim pubblicitari che troppo spesso si rivelano essere mero greenwashing.Ciò è tanto più verosimile se si considera che secondo una recente indagine Istat è emerso che tra i 4,4 milioni di imprese italiane, poco più di un milione è interessata ad avviare un percorso di “trasformazione sostenibile”.Il problema principale è che nonostante cresca la consapevolezza dei cittadini e l’importanza della reputazione aziendale nella scelta d’acquisto, le imprese stesse non sanno come valorizzarle o, nel peggiore dei casi ricorrono, consapevolmente o meno, a tecniche di comunicazione che rappresentano una mera sostenibilità di facciata. Il greenwashing, appunto il quale ha come conseguenza l’aver provocato confusione e scetticismo nei consumatori. Infatti, quasi i due terzi degli italiani ritengono che le notizie e le informazioni presenti su prodotti e servizi in vendita siano spesso controverse e discordanti. Cos’è il greenwashing? Tradotto letteralmente come “lavaggio verde”, il suo significato indica la “sostenibilità di facciata” generata da una comunicazione ESG fasulla, esagerata o mistificata.La parola è stata probabilmente inventata nel 1986 dall’ambientalista statunitense Jay Westerveld che la utilizzò per indicare la pratica delle catene alberghiere che invitavano gli utenti a ridurre il consumo di asciugamani facendo leva sull’impatto ambientale, mentre invece la motivazione era ottenere esclusivamente un risparmio economico.Di per sé, l’invito a diminuire l’uso degli asciugamani ha senz’altro un impatto ambientale positivo. Ma se l’impresa, come nel caso suddetto, non dimostra di avere un piano aziendale che tenga conto di tutte le dimensioni della sostenibilità, allora si è in presenza – per l’appunto – di greenwashing. In sostanza possiamo definire il greenwashing come “un’azione che inganna il pubblico, enfatizzando le credenziali ambientali di un’azienda o di un prodotto, quando queste sono infondate o irrilevanti”Siamo dunque in presenza di greenwashing in tutti quei casi in cui sono disattese le comunicazioni/informazioni Conseguenza rilevante del greenwashing, come anticipato, è che da una parte ha effetti negativi sulla reputazione e legittimazione di un’azienda, ma soprattutto genera la mancanza di fiducia nei confronti della praticabilità concreta della transizione ecologica.Il mercato stesso si è dato dei criteri di applicazione delle norme etiche volontarie, non cogenti, ovvero gli ESG (Enviroment, Social, Governance) le quali riguardano tre fattori: ambiente, responsabilità sociale, governance; nient’altro sono che le tre dimensioni su cui si basa la sostenibilità. Qualora le aziende o le organizzazioni giustificano o motivano iniziative o comportamenti adducendo e comunicando ragioni ambientali, di responsabilità sociale o di governance – dunque ESG – che in realtà non sono vere si è in presenza del fenomeno di greenwashing in riferimento alle dichiarazioni ambientali (bluewashing quando riguardano la responsabilità sociale; pinkwashing / purplewashing / rainbowashing, quando si tratta di parità di genere ed inclusione).Per il greenwashing non esiste una legge che lo definisca e come viene sanzionato a meno che non risponda alle caratteristiche di un reato previsto come tale, come la frode in commercio o l’illecita in concorrenza.Tuttavia, le norme Soft law cioè normative private non sanzionabili dalla legge, sono comunque un aiuto per il mercato considerando la tutela sia delle impese sia dei consumatori stessi. La certificazione è uno dei principali strumenti di RSI adottato dalle imprese per dimostrare il proprio contributo allo sviluppo sostenibile. L’adesione delle imprese a questi sistemi è volontaria; la stessa Unione Europea ha preferito l’approccio volontario a quello “coercitivo”. Per fare chiarezza e offrire una guida alla corretta comunicazione sui temi della sostenibilità, l’ISO ha pubblicato la Technical Specification ISO/TS 17033 nell’agosto 2019: Ethical Claims and supporting information – Principles and Requirements.La specifica tecnica ISO (ISO – International Organization for Standardization – Organizzazione internazionale per la normazione), aiuta a comunicare in modo corretto le prestazioni dei propri prodotti o organizzazioni ed indica i principi e i requisiti che dovranno governare la formulazione di ogni tipo di claim etico, riferendosi non solo a “slogan” o affermazioni, ma anche a grafiche e simboli che abbiano a che fare con le caratteristiche sociali o ambientali di un prodotto e della sua filiera. La verifica e validazione del claim etico accreditata dimostra, attraverso l’esibizione di evidenze oggettive, che specifici fatti si sono verificati o specifici requisiti sono stati rispettati.Grazie all’accreditamento, la validazione e verifica dei claim contribuisce a tutelare il mercato dai rischi legati a dichiarazioni non veritiere o fuorvianti, frodi, pubblicità ingannevoli, concorrenza sleale.Pertanto, le imprese che adottano la certificazione risultano più innovative poiché sperimentano vantaggi e benefici economici derivanti dalla maggiore credibilità ed affidabilità percepita dai consumatori. E dunque, dal mercato. di Pamela Chiodi