Secondo il rapporto del Consiglio Nazionale delle Ricerche “The BLUEMED Italian White Paper:

an overview of relevance, obstacles and proposals of the key sectors for a Blue Growth, il potenziale di crescita economica del Mar Mediterraneo non viene sfruttato appieno. 

Pertanto, senza compromettere le risorse naturali e la loro biodiversità, la strategia dell’UE prevede l’incremento dello sviluppo produttivo in quanto gli stati mediterranei rappresentano quattro delle cinque quote maggiori della blue economy. 

La regione del Mediterraneo si presta ad essere un laboratorio naturale ideale per testare, valutare e implementare la produzione di energia ricavata dalle correnti o dalle onde, contribuendo all’aumento delle rinnovabili in linea con gli obiettivi stabiliti dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC).

Ad oggi, nonostante i consumi da fonti rinnovabili siano più che raddoppiati passando dal 2005 al 2019 rispettivamente da 14,1 a 29,5 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio), l’energia ricavata dal sole e dal vento è poco più del 2,5% del fabbisogno nazionale di energia nel 2019.

La maggior parte delle energie rinnovabili –  il 40% –  proviene dallo sfruttamento dei circa 4300 impianti idroelettrici distribuiti sul territorio italiano.

Legambiente ha individuato tre problematiche fondamentali che ne impediscono o rallentano lo sviluppo. 

Il primo è la mancanza di informazioni sia sulle opportunità per i cittadini e per le imprese, sia sui vantaggi economici, soprattutto in riferimento all’attuale aumento dei costi energetici. 

Anche l’accesso al credito è difficoltoso così come la complessità delle procedure di approvazione dei progetti.

Tuttavia, la blue economy ha un valore economico annuale stimato in circa 2,5 trilioni di dollari; il che la rende la settima economia più grande del mondo nonché un possibile traino per l’incremento delle rinnovabili. 

Con il supporto della Commissione Europea sono da tempo in cantiere diverse tecnologie che permetteranno di ricavare energia dagli oceani e dai mari e di accelerare la transizione energetica verso un’economia carbon neutral.

Le innovazioni esistenti si basano sulla produzione attraverso impianti che sfruttano: – le correnti marine ed oceaniche (energia cinetica)- le mareomotrici (ovvero gli spostamenti d’acqua causati dalle maree)- i moti ondosi (energia cinetica delle onde – in fase dia sperimentazione)- la talassoterapia (differenze di temperatura tra le profondità oceaniche e la superficie marina) – i gradienti salini (differenza nella concentrazione di sale tra l’acqua dolce e quella marina).

Si tratta di uno scenario ancora in via di sviluppo, ma che ha le potenzialità di una nuova fonte di approvvigionamento che andrà ad arricchire il mix energetico. 

La strategia dell’UE per implementare le blue energy è costituita da specifici programmi di finanziamento che prevedono soprattutto il coinvolgimento di cluster, ovvero gruppi di istituzioni, imprese interconnesse che lavorano nello stesso settore industriale e che collaborano strategicamente per benefici comuni. 

Il loro è un ruolo chiave in quanto la specializzazione verticale sul settore rinnovabile del territorio in cui sono impiegati garantisce un connubio equilibrato tra conoscenza, ricerca (università, centri di ricerca e sviluppo) ed aziende di sviluppo, distribuzione ecomunicazione ambientale.

Inoltre, la collaborazione e cooperazione tra i membri del cluster favorisce la competitività delle imprese nel mercato nazionale ed internazionale dando ulteriore input alla promozione, perfezionamento e conseguente realizzazione tecnologica di settore. 

Non da ultimo, si occupano di veicolare informazioni che aumentino la conoscenza ed il coinvolgimento della popolazione, sensibilizzandola; un aspetto fondamentale per l’accettazione delle nuove tecnologie e delle opportunità che possono offrire in un’ottica di sostenibilità ed inclusione.

In questo senso si muove l’iniziativa Blue Deal, progetto europeo inserito nel programma INTERREG-MED cofinanziato con 2,8 milioni di euro dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale e dallo Strumento di Assistenza Preadesione. 

Iniziato a novembre del 2019 e tutt’ora in corso, è coordinato dall’Università di Siena, coinvolge 12 partner tra enti ed aziende provenienti da sei nazioni del Mediterraneo (Italia, Spagna, Croazia, Grecia, Cipro, Albania).

Ha lo scopo di superare le attuali restrizioni tecniche e amministrative alla diffusione della Blue Energy e di definire requisiti e procedure adeguati a supportare le decisioni nel rispetto dei vincoli normativi, ambientali e sociali. Mira a identificare le migliori pratiche per la pianificazione, il collaudo e l’integrazione delle procedure per l’impiego della Blue Energy nelle regioni mediterranee e a stabilire un piano comune per la portabilità di queste tecnologie nell’area Mediterranea.

Della durata di 32 mesi di lavoro, il progetto si concluderà a giugno 2022. Con l’obiettivo di divulgare approfondimenti sulle energie marine rinnovabili (dai finanziamenti, adempimenti burocratici, alle tecnologie), finora ha organizzato una serie di iniziative. 

Tra queste, la creazione di laboratori virtuali, forum online e l’organizzazione di convegni internazionali tra le istituzioni, aziende e cittadini dove sono stati presentati diversi progetti, inclusi quelli pilota che dimostrano la fattibilità di pianificare con successo azioni concrete per sviluppare la blue energy nelle regioni dell’area del Mediterraneo.

di Pamela Chiodi