Dei “Fridays for future” si è detto e scritto tanto, e in molte occasioni gli incoraggiamenti sono apparsi un tantino pelosi. Chi lodava pensava di mettersi al riparo dalle contestazioni. Vale la pena segnalare un interessante salto di qualità del movimento, che ha come baricentro proprio il nostro Paese.

Se il legame tra la crisi sanitaria globale e quella ambientale appare stretto e incontrovertibile, e quindi le ragioni dei giovani per il clima non possono che essere state rafforzate dagli eventi recenti, è altrettanto vero che la lunga fase di distanziamento avrebbe potuto togliere slancio a un movimento che ha fondato la propria forza vitale sulle manifestazioni, sulla partecipazione, sulla creatività sbandierata negli incontri pubblici e nelle marce. Ciò a cui assistiamo è invece una maturazione.

L’impressione di generica protesta che si sarebbe potuta trarre di fronte agli slogan e all’eterogeneità dei temi affrontati nella prima fase si sta coagulando attorno a riflessione e piattaforme compiute. A Milano, dal 28 al 30 settembre del prossimo anno, si terrà la prima edizione della Cop dei Giovani, preparatoria della Convenzione delle parti sul clima. È un evento istituzionale a cui i giovani delegati di tutto il mondo stanno lavorando da mesi attraverso numerosi incontri a distanza. La voce dei giovani sarà per la prima volta organizzata e strutturata nell’ambito consesso internazionale sul clima, il primo dopo l’esplosione della pandemia. Sarà interessante registrare in che modo la protesta si sarà trasformata in proposta.

Le ragioni per ritenere che l’opportunità sia adeguatamente colta stanno nel puntuale documento che i giovani italiani hanno redatto per criticare le anticipazioni del Next Generation EU del nostro Paese. La contestazione è su due livelli. Si lamenta innanzitutto la mancanza di coinvolgimento, attraverso argomentazioni che sono ben riassunte da questa considerazione: “Il Next Generation EU delineerà il futuro dei prossimi 70 anni: non può essere scritto solo da chi oggi ha 70 anni. Saranno i giovani a subire le peggiori conseguenze della crisi climatica causata dall’inazione della politica, e per questo è nostro diritto essere inclusi nella stesura del piano”.

Per quanto riguarda i contenuti, per ribaltare un approccio che appare poco orientato al conseguimento degli obiettivi di transizione ecologica, la piattaforma si basa sullo sviluppo di sette parole d’ordine: fonti rinnovabili, consumi energetici, mobilità sostenibile, riconversione industriale, adattamento al clima dei territori, sostegno alla ricerca, rafforzamento del modello agroecologico.

Significativo anche l’hashtag che presenta il documento: #nonfossilizziamoci. L’efficace doppio senso chiama naturalmente in causa l’urgenza di superare il modello basato sulla produzione di energia da fonti fossili, ma anche il coraggio e l’ambizione necessari a promuovere opzioni e progetti di rottura. Da ultimo, aggiungerei, l’intelligenza e il metodo che servono per includere una voce, quella dei giovani, che si va sempre più e meglio strutturando, il cui coinvolgimento può non essere scontato in un sistema che non sempre si è mostrato attento alle esigenze delle giovani generazioni, a più livelli.

Michele Fina

(da Huffington Post)