Nell’intervista pubblicata dal Sole 24 Ore il 7 gennaio scorso, il sottosegretario all’Ambiente Roberto Morassut affronta una serie di questioni decisive per la scelta del modello di sviluppo che abbiamo il vitale bisogno di adottare da qui ai prossimi decenni.

Tra queste la riforma del Cipe, che nel giro di qualche mese dovrebbe assumere come criterio principale per la programmazione delle infrastrutture quello della sostenibilità; la questione dello scorporo degli investimenti cosiddetti “green” dal patto di stabilità; la sfida di rendere agile ed efficiente l’erogazione delle risorse per la prevenzione dal rischio idrogeologico, dal quale il nostro Paese è flagellato più di ogni altro; l’atteso accordo per una legge che coniughi contenimento del consumo di suolo e incentivi alla rigenerazione urbana; il lancio della proposta di una “legge sulle città”, che raggruppi norme organiche per fare politiche urbane pubbliche, con ciò intendendo settori apparentemente distanti tra cui la riqualificazione urbana ed energetica e l’edilizia residenziale pubblica.

Ce ne sarebbe abbastanza per dare corpo a una parte significativa degli obiettivi che Partito Democratico, Movimento Cinque Stelle e le altre forze al governo dovrebbero condividere assieme alla prosecuzione dell’esperienza di governo. Proprio nei giorni, tra l’altro, in cui la redazione di una nuova “agenda”, o “road map” che dir si voglia, è al centro del dibattito politico; stretta tra inquietantissimi scenari internazionali che restituiscono il senso drammaticamente concreto ed estremo del sovranismo, un’opposizione politica di destre che soffiano su odio e paure e una claudicante tenuta numerica della maggioranza.

Credo che la strada migliore per evitare, in questo scenario, avvitamenti politicistici sia proprio quella di un rilancio di un’idea condivisa di futuro per il paese e di conseguenti azioni di governo, a partire da quelle giustamente molto evocate negli ultimi mesi che attengono proprio alla sfida ecologica e climatica.

Come scrissi proprio su questa testata al momento della formazione dell’attuale governo, è proprio la transizione ecologica il settore ideale in cui si può coltivare una connubio di intenti tra le principali forze politiche. Sia per ragioni per così dire di tradizione e cultura (è davvero difficile sostenere che non vi sia un sostanziale accordo se non sulle politiche, almeno sull’importanza degli obiettivi, tra i due partiti maggiori), sia per la centralità del tema nel momento storico che attraversiamo.

Un nuovo patto per la salute, l’ambiente e il territorio potrebbe perciò essere alla base della ripartenza dell’alleanza di governo. Un patto sostenuto e accompagnato da una rivisitazione  profonda del pensiero ecologista che deve impegnare i partiti perché la transizione ecologica sia equa e resti popolare (ma su questo tornerò più diffusamente in futuro).

Non uso a caso il termine “patto”, che presuppone per definizione un accordo complessivo, che comprenda l’impegno al reciproco sostegno, ma anche l’ambizione al salto di qualità nella costruzione degli strumenti. C’è necessità, infatti, di una messa a sistema di eccellenze e di procedure; vale su tutte l’ultima delle questioni richiamata da Morassut nella citata intervista: la legge sulle città, destinate con gli anni a diventare sempre più il fulcro delle sfide climatiche e ambientali.

Eppure nel nostro Paese una legge, un’agenda, una strategia che disegni un quadro in cui le città possano dispiegare le necessarie potenzialità e affrontare adeguatamente le sfide che riguardano l’ambiente e la rigenerazione urbana manca, e l’occasione che rappresentò l’istituzione delle Città metropolitane non è stata colta.

Ecco perciò che è quanto mai urgente che strumenti ben calibrati oggi operativi alla dimensione “micro” (si pensi agli incentivi fiscali per la riqualificazione degli immobili, o al recentissimo “bonus facciate”) e altri assenti ma necessari (le norme e le risorse, ad esempio, per rendere convenienti le operazioni di riqualificazione urbana in luogo delle nuove costruzioni) trovino spazio, dignità e armonia in un nuovo, indispensabile quadro.

Michele Fina – direttore di Tes (articolo pubblicato da Huffington Post)