Il nostro colloquio con Luca Polidori

 

Risponde al telefono da Bruxelles, dove lavora, Luca Polidori: ha 22 anni ed è uno degli animatori italiani dei Fridays for Future, il movimento globale lanciato dalla giovanissima attivista svedese Greta Thunberg. Venerdì 15 marzo 2019 è la data prescelta dal movimento per manifestazioni diffuse, presidi e azioni: è il Global Strike for Future.

Insomma, Luca, cosa accadrà venerdì 15 marzo?

Ci tengo a sottolineare che venerdì 15 è uno dei tanti appuntamenti di una manifestazione permanente; ogni venerdì noi manifestiamo in grandi e piccole città italiane. Certo, il 15 marzo è un appuntamento a cui abbiamo dato grande importanza, ma il nostro obiettivo non è essere in tanti in questa singola data. Piuttosto, la nostra intenzione è quella di dare un segnale, dimostrare che il movimento dei Fridays for Future esiste e che pretende un cambio di paradigma generale a livello di scelte politiche. Per questo, dai numeri che abbiamo sottomano, mi sento di poter dire con serenità che ci saranno manifestazioni in più di 100 città e in più di 70 province italiane.

Come ti sembrano rispondere i tuoi coetanei ad una sfida così importante come quella posta dal caos climatico? 

Direi che c’è entusiasmo, prima di tutto. Per noi è centrale partire dalle evidenze scientifiche e ci responsabilizza il renderci conto che siamo gli ultimi che possono cambiare le cose, perché c’è consenso nel mondo accademico: se non cambiamo le cose entro 11 anni siamo spacciati. Dunque la nostra è l’ultima generazione a poter fare qualcosa, da un lato sicuramente ci spaventa e dall’altro ci fa dire: facciamolo, finora è stato fatto relativamente poco. Tocca a noi.

I dati mostrano che l’Italia, sugli indicatori della green economy, non è messa male.

Sì, né a livello europeo né a livello globale l’Italia è mal piazzata. Ma non essere messi male non basta,non è che siccome gli altri fanno peggio di noi allora siamo autorizzati a star fermi. Per dirne una, l’Olanda ha un piano per una transizione verso un modello economico completamente circolare di qui al 2050, mentre l’italia sta iniziando adesso a firmare i primi accordi. Bisogna accelerare

Da dove si inizia? Dall’economia circolare, dai modelli di governance, dalle policy?

Si parte sicuramente dalle policy, bisogna avere un approccio integrato per il quale partire dai modelli regolatori è imprescindibile. Poi sicuramente il discorso sull’economia circolare deve essere centrale: aggiungo però che l’impegno prioritario è quello sulla diffusione e  sulla informazione.  Tanti ragazzi ancora non sanno muoversi bene su questi temi, costruire consapevolezza politica è uno dei compiti che ci siamo posti sia verso i nostri coetanei sia verso gli adulti. Molte persone non sapevano, non erano adeguatamente informate, il tema ambientale non era così rilevante; non penso che abbiano evitato apposta di prendersi cura dell’ambiente e della sostenibilità.

Come rispondi a chi parla di voi come di una accurata operazione mediatica?

A nome dei Fridays posso dire che questi attacchi dimostrano solo che siamo importanti e che facciamo paura ; mi sembrano attacchi un po’ futili. La comunicazione di per sé non è niente di male, noi ci avvaliamo di aiuti professionali per assicurarci di avere, quando ce n’è la possibilità, un efficace impatto sui nostri temi. Ma non c’è niente dietro di noi, siamo un’organizzazione indipendente. Io stesso do una mano al gruppo comunicazione.

A proposito, come funziona la vostra organizzazione, nel concreto?

Tutto nasce quando Greta ha lanciato un appello e i due hashtag, #fridaysforfuture e #climatestrike. Gli hashtag sono patrimonio di tutti quelli che si riconoscono in questa battaglia: li hanno condivisi in tanti, attivisti, politici, anche Nicola Zingaretti. Evidentemente se ne sentiva rappresentato e a noi fa piacere. Ma Greta stessa, insieme alla sua famiglia, hanno detto che non vogliono affiancarsi strutture né economiche né legali, lasciando totale indipendenza alle varie realtà nazionali di organizzarsi come meglio credono. In Belgio c’è già una no-profit, in Germania i ragazzi sono sereni nell’affidarsi alla rete di associazioni e partiti politici che sono molto sensibili a questi temi. In Italia non vediamo nessuna associazione o movimento politico che possa portare avanti questi contenuti spingendo sul cambio di paradigma radicale che noi pretendiamo, così ci stiamo organizzando proprio in questi giorni in maniera autonoma. Posso dire con serenità che è pronta l’organizzazione della associazione nazionale, apriremo presto le sezioni e il movimento potrebbe chiamarsi Futuro Verde.

Cosa succede dopo il 15 marzo?

Succede che continueremo a manifestare tutti i venerdì fino a che non saremo sicuri di poter andare a letto sereni, confortati dall’aver visto che l’Italia abbia fatto tutto il possibile per la sostenibilità ambientale e per l’economia circolare, agendo sia internamente che sul piano del dialogo europeo e internazionale.

 

Di Tommaso Caldarelli